Mi è sempre piaciuto il suono di questo poemetto epico, fin da quando lo trovai sui libri di scuola, studiando e amando Giacomo Leopardi. L’Opera originale greca (forse di Omero) è stata più volte ripresa per descrivere una improbabile guerra tra due regni che improvvisamente si ritrovano nemici, in uno scenario paradossale e colorito da colpi di scena e interventi divini.
Rane e Topi (da cui il titolo greco) sono animali molto diversi, ma vivono la stessa realtà di impulsi contrapposti tra fuga e voglia di esplorare nuove possibilità.
La fuga è un elemento comune nel terzo millennio: siamo in fuga, sempre più veloci, lanciati verso un futuro che non presuppone più un presente. Ma il presente è sempre in agguato a ricordarci quanto siamo simili a Rane e Topi in un palcoscenico ove solo l’intervento divino può risolvere il conflitto.
Eccoci qua. Una società tecnologica che considera ormai una spiacevole debolezza essere imperfetti. Un mondo dove al termine svago si è sostituito il termine intrattenimento. Sullo sfondo una via lattea fatta di denaro virtuale e intelligenze artificiali, applauditi entrambi come espressione inevitabile e immanente dell’inarrestabile futuro.
Si potrebbe obiettare che la critica della fuga cieca verso la tecnologia è un tema comune e vetusto della discussione sociale, in bilico tra ritorno al passato e proiezione verso il progresso. Ma oggi siamo prossimi alla “massa critica” e non possiamo più esimerci dal prendere posizione.
Il terzo millennio ci ha mostrato in modo evidente la fragilità del sistema economico che abbiamo innalzato a guida del progresso umano. E la stessa tecnologia che ha globalizzato il mondo e lo connette in tempo reale, ci mostra l’enorme pressione di chi non ha nulla verso chi ha molto. Molto in termini di capacità di sfruttamento delle risorse, molto come accesso alle cure mediche d’avanguardia, molto perché può permettersi lo svago in alternativa all’intrattenimento.
Lo scenario è paradossale. Cultura e consapevolezza dovrebbero rendere evidenti le distonie che alimentano il progresso umano, i limiti oggettivi di una deriva tecnologica in cui l’agenda è fatta di perfezione e realtà virtuale. Ma la riflessione non si concilia con la fuga. E il presente va tenuto lontano come la morte, va esorcizzato sull’altare della fuga in avanti.
La risposta più ovvia al senso di decadenza che tutti avvertiamo è volgere lo sguardo verso se stessi, a cominciare dalla posizione sociale, il gradino in cui ci si sente protetti dai propri simili. Desiderio condivisibile, a patto di ottenere il consenso degli altri inquilini sulla scala. Ecco il successivo pilastro della batracomiomachia: il consenso a qualsiasi costo. I social network sono palestra e campo di battaglia di questo consenso, luoghi tanto lontani dalla natura umana quanto facili da manipolare.
Riassumendo, abbiamo una società in fuga verso il futuro, un futuro fatto di tecnologia e intelligenze artificiali, una posizione sociale basata sul consenso di massa, un mondo globalizzato in cui la minoranza opulenta viene compressa da una maggioranza povera e vessata. Giova chiarire che la minoranza di cui sopra non è rappresentata solo da profughi su barconi alla deriva, ma da tutti coloro che non riescono ad accedere al benessere e alle amenità della condizione agiata.
E allora facciamo un esperimento. Supponiamo per un attimo di delegare la soluzione per questo stato di decadenza tangibile alla divinità di turno. E supponiamo che questa divinità si chiami AI (termine inglese per intelligenza artificiale). Con ogni probabilità la provvidenziale entità artificiale farebbe scelte razionali, dettate dalla necessità di limitare la sofferenza umana e preservare l’evoluzione della specie. Gli scenari potrebbero essere due:
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L’origine del conflitto è dovuta alla ineguale distribuzione del benessere. Ci sono troppe persone povere e il mercato del lavoro non consente più il fenomeno dell’ascensore sociale. Occorre eliminare il denaro e sostituirlo con il baratto. In questo modo le persone verranno apprezzate per ciò che sanno fare, ciascuno sarà utile per dare un contributo al progresso.
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L’evoluzione umana non può essere rallentata dal conflitto, deve progredire verso un livello massimo di benessere e ricchezza. Questo non è possibile con l’elevato numero di umani presenti sul pianeta. Bisogna preservare le realtà industriali e le poche persone che detengono gli strumenti del progresso…
Mi sono limitato a due scenari degni di una narrativa fantasy anni ’70, ma le deduzioni affidate a un computer rappresentano una alternativa pericolosa e ormai realistica al libero arbitrio.
Navighiamo con pochi punti di riferimento, in un sistema sociale di cui non siamo più protagonisti. La differenza sostanziale rispetto alle crisi del passato è che non abbiamo più un nemico da abbattere. Nessuno può contestare un programma in esecuzione che gioca a fare la divinità. A nessuno verrebbe in mente di mettere in discussione una realtà che supera in velocità e competenza molti brillanti scienziati e pensatori.
E allora stop, alt, basta così!
Facciamo una pausa.
Fermiamoci e guardiamo come viene impegnato il nostro prezioso e irripetibile tempo.
Affacciamoci alla finestra di questo mondo globalizzato e respiriamo l’aria infausta di conflitti sempre nuovi, profughi sempre più numerosi, gente in fuga che cerca un senso alla propria esistenza.
Diamo valore agli scampoli di informazione indipendente che gridano la sofferenza nei silenzi ovattati dei nostri mezzi di comunicazione.
E iniziamo a desiderare un mondo imperfetto.